La disciplina dell’astrazione

La scelta dell’astrazione, contrapposta alla rappresentazione figurale, nasce dall’esigenza dell’artista di esternare cio’ che non può essere riprodotto visivamente come copia del reale, ma che nasce piuttosto come bisogno espressivo spirituale mediato da una forte potenzialità poetica.

Tuttavia, in mancanza di appigli che consentano di ricondurre l’immagine – dipinta o scolpita – ad una qualsiasi rappresentazione della realtà visibile, l’opera astratta deve possedere – intrinseca – quell’armonia pura (mediata o raggiunta attraverso l’uso del colore o l’analisi della forma) che governa tutto l’universo naturale.

Appare quindi difficile arrivare alla creazione di una composizione astratta, di qualsivoglia tipo, senza partire da un’attenta conoscenza della struttura delle forme che dominano il mondo reale, poiché il fine dell’artista che decide di seguire la via dell’astrazione è quello, se vogliamo, di dare vita a nuove forme mentali assolutamente avulse da ciò che siamo soliti percepire intorno a noi, rielaborandole dalle forme esistenti e facendole proprie.

Forte di una profonda conoscenza degli aspetti più intimi e segreti delle morfologie del vivente, derivata dai miei studi in campo biologico, e di una disciplina tecnica acquisita attraverso anni di lavoro nel campo del disegno scientifico, ho deciso di intraprendere questa strada artistica, nella ferma convinzione che – agli albori di questo nuovo secolo – l’opzione dell’astrazione fosse l’unica perseguibile per proseguire quella “tradizione del nuovo” portata avanti dai maestri fondatori agli inizi del ‘900.

E poiché molti degli aspetti del microcosmo del mondo naturale risultano tutt’oggi inesplorati, nella loro misteriosa bellezza, ho deciso di impossessarmene per integrarli nel mio lessico personale, trasmutandoli in forme astratte apparentemente non riconducibili a niente di quello che è visibilmente riconoscibile al nostro occhio.

Inoltre, ritenendo da sempre che qualsivoglia forma artistica priva di contenuto sia di per se sterile, ho sentito l’esigenza di tessere – attorno a tali forme – una sorta di trama in grado di veicolare quel messaggio universale che è il supremo valore di ogni forma vivente, nelle sue rappresentazioni naturali e fisiche.

Pur potendo apparire strano all’occhio dello spettatore, ogni mia opera è frutto di una costante disciplina, tanto tecnica quanto intellettuale, dove ogni forma è di volta in volta rielaborata e inventata, studiata nello spazio bidimensionale e tridimensionale per evidenziarne e valorizzarne i piani, gli slittamenti, le torsioni e gli aggetti, accordata a timbri cromatici o – nel caso della scultura – a valenze chiaroscurali, e infine inserita all’interno di un contesto compositivo non casuale, secondo precise regole lessicali che – al pari di una partitura musicale o di un’opera letteraria – determinano un percorso narrativo ben preciso.

Appare quindi chiaro che la scelta dell’astrazione, all’apparenza più facile e libera rispetto ai canoni figurativi, è invece sottoposta a regole e dettami precisi, che pur seguendo gli stessi accordi della composizione artistica classica, cercano, attraverso la “non forma”, di giungere all’ineffabilità poetica del sentimento, o comunque di quei moti dell’animo che non trovano una rappresentabilità nel mondo del visibile reale.

 

Bruto Pomodoro

Ottobre 2010