Luciano Caramel: “Dalla Natura all’arte per una nuova primordialità”

La vicenda conoscitiva ed espressiva di Bruto Pomodoro s’è svolta e si svolge attorno e in rapporto ai due poli della natura e dell’arte, interferenti, comunicanti, eppure diversi, autonomi: dapprima negli studi biologici, quindi nell’attività di illustratore scientifico, infine nel lavoro pittorico. Che è quello a cui ora, e da anni, Bruto si applica integralmente e che qui esclusivamente ci interessa.

Esso ha provocato un salto qualitativo nell’impegno intellettuale del giovane biologo, che all’analisi del mondo esterno ha intimamente connesso l’indagine introspettiva, legando l’attenzione per quanto è oggettivo all’interrogarsi sulla sostanza e il destino dell’individuale soggettivo. Bruto è così passato dall’investigazione alla creazione, secondo un itinerario in modi differenti sperimentato da grandi protagonisti dell’arte del nostro secolo, da un Arp e un Ernst a un Kandinskij, autore al quale egli è, mi pare, per più versi accostabile.

“Le leggi di composizione della natura” scriveva Kandinskij già nel 1926 in Punto e linea sulla superficie, “aprono all’artista non già la possibilità dell’imitazione esteriore […], ma la possibilità di contrapporre ad esse le leggi dell’arte”.

“Le leggi autonome dei due grandi regni dell’arte e della natura”, così separati, “condurranno infine alla comprensione della legge globale della composizione del mondo e chiariranno l’autonoma partecipazione dei due regni a un più alto ordine sintetico: esterno + interno”. Che è appunto quanto è accaduto a Pomodoro, dopo una fase di descrizione esatta del fenomeno biologico, nell’iniziale applicazione all’illustrazione, e dopo un primo travisamento del dato naturalistico nei quadri dei primi anni Novanta.

Nei quali troviamo delle “imposture naturalistiche” (l’efficace definizione è dello stesso Bruto, nel pieghevole che accompagnava nel 1994 la sua mostraUltramarinoallo Studio D’Ars di Milano, in cui erano visibili improbabili esseri appunto “ultramarini”, quali Il guardiano del relitto – incontro abissale e un Volante curioso, metà pesce e metà strano naviglio tecnologico), che la nitida, precisa qualità del disegno gabellava per verisimili e nel contempo contraddittoriamente trasferiva su di un registro immaginario, fiabesco.

Nel 1995, invece, nel ciclo delle Contemplazioni, Bruto non gioca più sullo scarto, nell’inganno figurale, tra apparenza e realtà, e sulla sua conseguente ambigua suggestione. Abbandona i riferimenti iconici espliciti (non tout-court la figurazione) per abbracciare una compositività astratto-geometrica.

Per la quale si può ritornare al passo succitato di Kandinskij, che così continuava: “Questo punto di vista [l’autonoma partecipazione di arte e natura a un più alto ordine sintetico] è stato messo in evidenza, fino ad oggi, solo nell’arte astratta, che ha riconosciuto i propri diritti e i propri doveri e non poggia più sull’involucro esterno dei fenomeni naturali”. Nei quali – è sempre Kandinskij – ”alcuni complessi sono di una specie chiara, esatta, geometrica”, altri invece di natura ‘libera’, si formano da linee libere, cosicché la struttura è più fluida e non presenta una costruzione geometrica esatta.

Questo non vuol dire però, naturalmente, che debba essere escluso, anche in questo caso, l’elemento fisso ed esatto; semplicemente, esso viene elaborato in maniera diversa”. “Anche nella pittura astratta”, prosegue il maestro russo, “abbiamo le due diverse specie di costruzione”, e “quest’affinità, possiamo ben dire questa ‘identità’, è un esempio molto rilevante dei rapporti fra leggi dell’arte e leggi della natura”.

Tali considerazioni sono quanto mai appropriate ai modi e ai risultati delle Contemplazioni di Pomodoro, costruite entro griglie strutturali regolari nelle quali dominano gli incontri ortogonali di bande cromatiche di differenti dimensioni, frequentemente tagliate da diagonali che definiscono altre, e spesso maggiori, bande oppure delimitano ampie zone del campo della superficie pittorica. In siffatta gabbia razionale, entro cerchi e quadrati variamente dislocati, quasi in casellari di catalogazione scientifica, troviamo tuttavia forme biologico-organiche – insieme ad altre forme di nuovo geometriche e a ripetute uova-simbolo – che ripropongono la dualità tra elementare e complesso secondo la diagnosi di Kandinskij propria sulla natura e sull’arte, che in questi dipinti di Bruto investe anche le mescolanze e le stesure dei colori: i tre primari e ogni loro possibile combinazione, nelle più diverse misure e varianti, anche di massa, peso e carattere.

Non si tratta quindi, è evidente, di un’astrazione autoriflessiva, che ha per oggetto solo se stessa, i propri equilibri, la propria composizione e articolazione.

L’ulteriore, più radicale geometrizzazione che distingue i lavori qui esposti, intitolati alle Varianti cromatiche, è essa medesima significante: di una ricerca di elementarità che non esclude la possibilità della complessità, anzi la implica e postula, nella tensione ad attingere un’esemplarità primigenia, originaria, archetipale, sintetizzata dall’uovo, mentre il simbolo alchemico del Telarium Aracnis rimanda proprio al connaturato coesistere di chiuso e aperto (la spirale).

Ed anche qui colpisce la consonanza con le precisazioni di Kandinskij, nelle pagine sopra più volte ricordate, che nota:” il fatto che, nella pittura, in questi ultimi anni, la costruzione geometrica esatta appaia agli artisti di particolare importanza, è dovuto” tra l’altro,” alla necessità di ritrovare l’elementare, una necessità sorta naturalmente, che ha coinvolto la pittura e l’ha spinta a recuperare l’elementare, cercandolo non solo nell’elementare stesso, ma anche nella sua struttura. Questa aspirazione si nota, oltre che nell’arte , in tutto quanto il modo di sentire dell’uomo ‘nuovo’, più o meno in tutti i campi, come un passaggio dall’elemento primario al complicato, passaggio che si compirà sicuramente in un tempo più o meno lungo.

L’arte astratta, divenuta autonoma, soggiace anche qui alla ‘legge naturale’ ed è costretta a procedere oltre, come un tempo la natura, che cominciò modestamente con protoplasma e cellule, per progredire, passo per passo, fino ad organismi sempre più complicati. Anche l’arte astratta crea oggi organismi artistici primari o più o meno primari, il cui ulteriore sviluppo l’artista di oggi può presentire solo vagamente”.

Parole, le ultime, che è possibile prefigurino il domani dell’arte di Bruto, ora attestata su di una semplicità che non è un punto d’arrivo, ma di partenza. Si parla tanto, in questa fine di secolo e di millennio, di “arte terminale”e non senza ragione, temo. Questa di Pomodoro è invece, si propone intenzionalmente di essere, ad uno stadio originario, aurorale: l’alfa contro l’omega, o forse meglio l’alfa dopo l’omega.

Col che, senza voler negare del tutto, e troppo recisamente, componenti di radicamento nell’inconscio, o più semplicemente nella psicologia individuale dell’artista (e neppure, d’altro canto, una consequenzialità troppo vincolante tra il prima del biologico e il dopo del pittore; anzi sarà presto opportuno, ad evitare fraintendimenti, parlar solo del pittore) credo che l’elementarità dichiarata primigenia di Bruto sia una presa di posizione in positivo contro la diffusa cultura della morte, anche nell’arte, oh quanto giustificata, purtroppo, ma da contrastare col richiamo ad una dimensione nuova, che è pur essa non priva di punti d’appoggio.

E che certo ha insito il rischio di stimolare, una volta di più, proiezioni in un primigenio metastorico, che tuttavia può avere un suo valore, e non solo in termini di qualità e pittura. Della quale peraltro non si può qui, in conclusione, per queste testimonianze ultime di Bruto, non spendere qualche parola: per sottolineare l’originalità di invenzione e la stessa libera fantasia di immagine, che si effonde con accenti talora addirittura lirici entro l’ancoraggio a simmetrie riflettenti le conformazioni biologiche, fino ad assumere prevalenti qualità poetiche, a dispetto degli assunti progettuali e dimostrativi, in coniugabili con l’inclinazione spiritualistica di Kandinskij e la medesima implicita sua aspirazione a una metafisica della forma, alla quale, per natura e cultura, Bruto Pomodoro mi sembra, per ora almeno, impermeabile.

Luciano Caramel

Dal catalogo della mostra “Varianti cromatiche”, Milano 1997-98